Nostalgica non lo sono mai stata. Sicuramente sono un'attenta
osservatrice, spesso critica. Ma le mie critiche sono perlopiù rivolte a
me stessa e al mio modo di interagire. Quando mi permetto di fare
un'osservazione su qualcosa e su qualcuno lo faccio sempre con le
migliori intenzioni, per far emergere un malfunzionamento. Da qualche
tempo quotidianamente non smetto di riflettere sui nuovi tipi di
socialità, sulle dinamiche dei rapporti umani di questo tempo. Io
provengo dalla generazione di mezzo,
quella che aveva raggiunto un discreto equilibrio in fatto di
socializzazione. Le condizioni dell'ambiente circostante e dei mezzi di
comunicazione ci permettevano di essere più veri. Ci fiatavamo di più.
Un corteggiamento poteva durare settimane. Si cominciava dagli sguardi e
poi si proseguiva con il gironzolarci attorno. Potevamo stare appostati
per ore nei luoghi in cui pensavamo di incontrare una certa persona, e
chissà quante volte lo avevamo immaginato. Era una rarità rubarsi uno
sguardo, un sorriso, una smorfia. Ci nutrivamo di queste piccole
emozioni per giorni. Questo modo di fare accresceva il desiderio, le
aspettative. Avevamo il tempo di abituarci alle persone, di
affezionarci, di integrarle al nostro quotidiano. Sebbene non
esistessero tutte queste tecnologie, i servizi di localizzazione, la
messaggistica istantanea, i social, trovavamo il modo di incontrare le
persone che ci interessavano, quelle a cui volevamo bene. Pertanto
quando mi passano per le mani questi nuovi rapporti usa e getta che si
montano e smontano nel giro di una manciata di ore, permettetemi di
storcere il muso, di dissentire. Per carità anche ai miei tempi
esistevano le passioni fulminanti, che nascevano da un bacio improvviso,
ma erano comunque rare. Questa rarità conferiva a loro il giusto
valore. Ai miei tempi non si poteva perdere il gusto per le cose,
facevamo ciò che ci piaceva con parsimonia, con rispetto dei sentimenti.
E questo ci ha permesso di assaporare la vita con veracità e voracità.
Conoscevamo il gusto ben definito di ogni singola situazione e lo
gustavamo esaurendone le dinamiche. Non eravamo così asettici, misurati.
A muoverci era il bisogno, le emozioni e della tempestività non
sapevamo cosa farcene. Sono una che attribuisce il giusto valore ai
nuovi mezzi di comunicazione, ci aiutano a stare "vicini" e a tenere
rapporti più costanti con chi amiamo. Ma appunto li considero "mezzi"
non "fonti". La fonte, è sempre e soltanto una : l'anima. Per metterla
in campo abbiamo bisogno della fisicità di uno sguardo, della leggerezza
di una carezza e del calore di un abbraccio. Nelle parole sosta solo
brevemente, per il tempo che gli è concesso.